LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso proposto dal
 comune  di  La  Spezia,   in   persona   del   sindaco   pro-tempore,
 elettivamente  domiciliato  in Roma presso la cancelleria della Corte
 di cassazione,  rappresentato  e  difeso  dell'avv.  Tomaso  Acordon,
 giusta  delega  in  calce  al ricorso, ricorrente, contro la Societa'
 Pastificio    Frediani     Montecatini     S.n.c.,     in     persona
 dell'amministratore  unico  pro-tempore, elettivamente domiciliato in
 Roma, via Monti Parioli, 2, presso l'avv. Gregorio  Iannotta  che  la
 rappresenta  e  difende  unitamente  all'avv.  Alberto Velani, giusta
 delega a  margine  del  controricorso,  controricorrente  avverso  la
 sentenza del pretore di La Spezia del 15 novembre 1988, n. 248.
    Sono  presenti per il ricorso l'avv. Acordon che deposita delibera
 comune di La Spezia n. 196 del 14 dicembre 1989.
    Il consigliere dott. Catalano svolge la relazione.
    La difesa del ricorso chiede accoglimento in  via  principale;  in
 via   subordinata   chiede   che  non  si  sollevi  la  questione  di
 costituzionalita'.
    Il p.m. dott. Tondi conclude in via principale per  l'accoglimento
 e  in  subordine rimessione alla Corte costituzionale sulla questione
 di costituzionalita' dell'art.  4  della  legge  regione  Liguria  n.
 11/1983 per contrasto dell'art. 117, primo comma, della Costituzione.
                               F A T T O
    Il sindaco del comune di La Spezia ingiunse alla S.n.c. Pastificio
 Frediani  Montecatini S.n.c. il pagamento della somma di L. 1.480.000
 a titolo di sanzione amministrativa per la  violazione  dell'art.  29
 della  legge 4 luglio 1967, n. 580 (produzione di pasta con eccessiva
 quantita'  di  acqua  e  cenere), accertata a seguito del prelievo di
 alcuni campioni avvenuto in un esercizio di generi alimentari sito in
 quel comune.
    La societa' intimata propose opposizione deducendo  l'incompetenza
 del  sindaco  ad  emettere  l'ingiunzione  e la intervenuta oblazione
 della violazione.
    Il pretore di La Spezia accolse il  primo  motivo  di  opposizione
 rilevando  che ai sensi dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n.
 689, la competenza ad emettere l'ingiunzione apparteneva  all'ufficio
 del  luogo  nel quale era stata commessa la violazione il quale nella
 specie si identificava in Carrara, citta' nella quale era avvenuta la
 pastificazione.
    Ne'  assumeva  rilievo,  secondo  il  giudice   del   merito,   la
 circostanza  che ai sensi dell'art. 11 della legge 14 aprile 1983, n.
 11, della regione Liguria, competente ad emettere  l'ingiunzione  era
 il  sindaco  del  comune  nel  cui  territorio  era  stata  accertata
 l'infrazione. Tale disposizione, infatti, si poneva in contrasto  con
 la  legge  statale  nella  materia  concernente  il  procedimento per
 l'irrogazione di sanzioni amministrative, che  non  e'  compresa  fra
 quelle  devolute  alla  legislazione  regionale,  ed  era  percio' da
 disapplicare in quanto invalida.
    Il  comune  di  La  Spezia  ha  proposto  ricorso  per  cassazione
 deducendo:
       a)  che  nella  specie  si  e' in presenza di una norma posta a
 tutela dell'igiene degli alimenti, materia  trasferita  alle  regioni
 dalla  legge 23 dicembre 1978, n. 833 (art. 32), sicche' non potrebbe
 essere negato ad esso ricorrente il potere di individuare l'autorita'
 competente a ricevere i rapporti relativi alla violazione delle norme
 in questioni e ad irrogare le sanzioni;
       b) che la statuizione contenuta nella sentenza impugnata  circa
 la  disapplicazione  della  legge  regionale  viola  l'art.  15 delle
 disposizioni sulla legge in generale.
                             D I R I T T O
    1. - Giova anzitutto premettere  che  le  funzioni  amministrative
 riguardanti  la  materia  di cui si tratta sono state trasferite alle
 regioni non per effetto dell'art. 32 della legge n. 833/1978, secondo
 l'erronea  prospettazione  della  difesa  della  ricorrente,  ma   in
 conseguenza   del   d.P.R.   24   luglio   1975,   contenente   norme
 sull'ordinamento  regionale  e  sull'organizzazione  della   pubblica
 amministrazione  il  quale,  nel  capo quarto relativo all'assistenza
 sanitaria ed ospedaliera, ed in particolare nell'art. 27,  lett.  e),
 comprende,  tra  le  funzioni  amministrative  relative  alla materia
 "assistenza sanitaria ed ospedaliera" quelle  concernenti  la  tutela
 igienico-sanitaria  della  produzione,  commercio e lavorazione delle
 sostanze alimentari sulla base degli standards di cui  al  successivo
 art. 30, lett. g) (che sono di competenza statale).
    Vanno  inoltre  tenute  presenti le norme di cui agli artt. 32 e 9
 del  medesimo  decreto  delegato  che   attengono,   rispettivamente,
 all'attribuzione  ai comuni delle funzioni di cui all'art. 27 ed alla
 titolarita' di detti enti delle funzioni  di  polizia  amministrativa
 nelle materie ad essi rispettivamente attribuite e delegate.
    2.  -  Sulla  base di tale contesto normativo, risulta evidente la
 sussistenza, a favore della regione Liguria, del potere legiferare in
 tema di applicazione di sanzioni  amministrative  per  la  violazione
 delle  leggi  disciplinatrici  della  materia  di  cui  si  tratta, e
 siffatto potere e' stato concretamente attuato con la legge  generale
 del  2  dicembre  1982, n. 45, recante norme per l'applicazione delle
 sanzioni amministrative pecuniarie di competenza della regione  o  di
 enti  da  essa  individuati,  delegati, e con quella specifica del 14
 aprile 1983, n. 11, avente ad oggetto  le  norme  per  l'applicazione
 delle  sanzioni  amministrative  pecuniarie  in  materia  di igiene e
 sanita' pubblica, vigilanza sulle farmacie e polizia veterinaria.
    La prima delle due menzionate leggi, in aderenza  al  precetto  di
 cui  all'art. 17, quinto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689,
 concernente le modifiche al sistema penale, dispone, nell'art. 7, che
 l'ente competente per territorio a ricevere il  rapporto  di  cui  al
 precedente  comma,  e' quello del luogo in cui la violazione e' stata
 commessa. Al contrario,  secondo  la  previsione  dell'art.  4  della
 successiva legge n. 11/1983, in base alla quale il sindaco del comune
 di  La  Spezia  ha  irrogato  la sanzione, le funzioni conseguenti al
 mancato pagamento in misura ridotta previste dagli artt.  7  e  segg.
 della  legge  regionale n. 45, sono esercitate dal sindaco del comune
 nel cui territorio la violazione e' stata accertata.
    3. - Il pretore adi'to ha risolto il contrasto che si evidenza tra
 le disposizioni recate dalle predette leggi regionali  postulando  la
 disapplicazione  della  legge  da  ultimo  indicata  e  ritenendo che
 l'unica autorita' competente ad irrogare la sanzione si identifica in
 quella del luogo in cui l'infrazione e' stata commessa,  ma  siffatta
 impostazione   non   puo'  essere  condivisa  poiche'  il  potere  di
 disapplicare le disposizioni contenute in leggi regionali, che  nella
 sostanza  si traduce in una lesione del potere legislativo regionale,
 non spetta  al  potere  giudiziario,  essendo  i  giudici  tenuti  ad
 applicare   la   legge   ovvero,   nel  caso  di  dubbio  della  loro
 legittimita', ad adire la Corte costituzionale (Corte  costituzionale
 14 giugno 1990, n. 285).
    4.  -  Nella  specie sussistono fondati dubbi circa la conformita'
 alla Costituzione della disciplina introdotta con il  citato  art.  4
 alla stregua delle considerazioni che seguono.
    Ed anzitutto, sembra palesarsi priva di giustificazione razionale,
 e quindi in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art.
 3  della Costituzione, la difformita' di trattamento giuridico che e'
 dato riscontrare tra la legge regionale generale n. 45/1982 e  quella
 specifica  n.  11/1983  in  ordine alla determinazione dell'autorita'
 competente   ad   irrogare   la   sanzione,   in   quanto    siffatta
 discriminazione si fonda solo sulla diversita' di oggetto delle norme
 violate.
    Ulteriori ragioni di dubbio si manifestano in riferimento all'art.
 117 della Costituzione con il quale la disciplina in questione sembra
 porsi in contrasto sotto vari aspetti.
    In primo luogo mette conto di rilevare che nella materia di cui si
 tratta  la  normativa regionale non puo' svolgersi in contrasto con i
 principi generali fissati  dalla  legislazione  statale  in  tema  di
 sanzioni amministrative. Pertanto, assumendo come parametro la citata
 legge  24  novembre 1981, n. 689, appare evidente la contrapposizione
 con la norma costituzionale innanzi  indicata  di  una  disposizione,
 come   quella   in  esame,  che  regola  la  competenza  territoriale
 dell'ufficio deputato a ricevere il rapporto relativo alla violazione
 ed ad emanare l'ordinanza-ingiunzione in modo divergente dai principi
 fondamentali fissati dalla legge-cornice.
    Inoltre,  non  puo'  omettersi di considerare il contrasto con gli
 interessi delle altre regioni che deriva dalla concreta  operativita'
 della   norma   in  questione  la  quale,  assumendo  come  punto  di
 riferimento, ai fini dell'applicazione della sanzione,  il  luogo  di
 accertamento   della  violazione  si  pone  come  lesiva  del  potere
 sanzionatorio di altre regioni nel cui  territorio  l'infrazione  sia
 stata   eventualmente   commessa,   per   essere   ivi  collocato  lo
 stabilimento  di  produzione  della  sostanza  alimentare   accertata
 altrove come non rispondente ai requisiti di legge.
    Appare,  infine,  ravvisabile  il  contrasto  con  l'art. 97 della
 Costituzione, dubbia essendo la  conformita'  ai  principi  del  buon
 andamento  e  della  imparzialita' dell'amministrazione di un sistema
 normativo che sottrae la competenza  all'ufficio  del  luogo  in  cui
 l'illecito  e'  stato commesso, per attribuirla a quello del luogo in
 cui per mera casualita' sia accertata la presenza del prodotto, e che
 puo' non coincidere con quelle di produzione ed essere dislocato  nel
 territorio  di  altra  regione,  con il rischio per il produttore, in
 tale ipotesi, di essere  assoggettato  per  il  medesimo  fatto  alla
 potesta' sanzionatoria di due regioni.
    Sulla   base   di   questi   rilievi   la   questione  appare  non
 manifestamente infondata; essa e',  poi,  rilevante,  dovendosi  fare
 applicazione  della  norma  in  discussione  per  la  definizione del
 giudizio.